Mi piace immaginare che ieri la notizia della
morte di Manuel Vásquez Montalbán, pur arrivando dal lontano oriente
(dalla Bangkok che rimanda ad un suo libro di vent'anni addietro,
Gli uccelli di Bangkok), sia poi approdata da qualche parte
sulle rive del Mediterraneo e che di città in città, di libreria
in libreria, di sponda in sponda, abbia generato una catena a serrare
prima che un ormai affermato genere letterario, quello del noir
mediterraneo, uno stile di vita fatto di piaceri, impegno, rabbia
e sguardi verso una linea dell'orizzonte su cui posare gli occhi
per cercare di dimenticare il male, le brutture della vita che brulica
nelle città di costa.
Mi piace immaginare che di voce in voce questo tam tam ideale
abbia toccato dapprima l'amata Barcellona, e poi verso Marsiglia
in cerca di Fabio Montale, il detective creato da Jean-Claude
Izzo (anche lui scomparso tre anni fa), e di corsa un salto in
Sardegna dove si depositano le storie di giallisti italiani come
Marcello Fois e Massimo Carlotto: e qui c'è da scommettere che
l'Alligatore, il detective creato da Carlotto, saluterà Montalbán
con una doppia razione di Calvados.
E ancora verso altre coste, attraversando lo stesso mare, in
Sicilia la notizia sarà arrivata a Salvo Montalbano, il commissario
di Andrea Camilleri che già nel nome porta impresso l'omaggio
dello scrittore siciliano allo scrittore di Barcellona. E tra
Napoli, Palermo e l'entroterra della penisola c'è ne sarebbero
di figli prossimi o lontani di questo genere, di quel modo che
circa trent'anni fa un Montalban poco più che trentenne inaugurò,
quella maniera di amare la gente e le città del mediterraneo descrivendone
il marcio, i delitti, gli abusi d'ogni sorta. Non c'era molto
all'inizio degli anni Settanta in letteratura che si prendesse
la briga di raccontarci l'incontro tra i poteri legali e quelli
illeciti, tra i desideri della gente della sponda sud e le paure
di quelli della sponda nord, non c'era neppure il piacere di scoprire
questa diversità mediterranea attraverso il mezzo più semplice:
il cibo («- Marx ha detto che si conosce un paese solo quando
si è mangiato il suo pane e si è bevuto il suo vino. - Marxista?
- Sezione gastronomica», naturalmente sono parole di Pepe Carvalho),
ora tutto questo è presente in abbondanza in tutte le letterature
di genere di quest'area.
Ed è per questo che la notizia sarà sicuramente giunta
anche ad Atene al commissario Kostas Charitos e al suo creatore
Petros Markaris (è questa Atene pre-olimpica sicuramente è stata
anticipata dalla Barcellona del 1992 raccontata da Montalban),
avrà poi toccato la sponda africana dove sarà giunta a Yasmina
Kadra, a Driss Chaibi e a tutti coloro che ancora non conosciamo
e che si stanno già raccontando Algeri, Il Cairo, Tunisi, Casablanca,
Tel Aviv, attraverso quel cocktail semplice ed efficace che vuole
un uomo solo (poco importa se cane sciolto o commissario di polizia)
dentro, e a volte contro, una moltitudine, un uomo solo che spesso
ha un passato burrascoso e che lentamente ci viene svelato, un'epoca
dei sogni e delle lotte che ora si scontra con le regole e con
la certezza di non poter più cambiare il mondo.
L'uomo solo di Montalbán è stato Pepe Carvalho fin dal 1972, un
barcellonese del rione Raval (che non riesce mai a dormire a Madrid)
dal passato intrigato e col presente scandito da pochi e chiari
riti: la passione per il cibo e quella per il falò di libri (se
ripassiamo la serie intera ci accorgiamo che Carvalho ha bruciato
un'intera immensa personalissima storia del mondo; ma attenti
Pepe lo fa per sé il suo non è un additare agli altri un indice:
ora è il suo solo modo di continuare ad amarli, a ricordarli).
Questo uomo solo ha generato tanti suoi simili che non si aggirano
più solo nelle latitudini anglossassoni o per i caffè parigini
ma ha dato opportunità ad altri suoi simili di scegliersi come
scenario la propria porzione di realtà, di mondo. Carvalho ha
girato e gira ancora il mondo ma questo non ci deve trarre in
inganno: lui guarda il mondo sempre da Barcellona, si giova della
sua luce, e dalla sua tavola apparecchiata sta bruciando l'ultima
copia proprio di un libro di Manuel Vásquez Montalbán.